Molti mi chiedono perché io abbia deciso di affiancare all’attività di Visual Merchandiser quella di Home Stager. Qualcuno mi ha anche sollevato obiezioni del tipo: il Visual Merchandising si occupa di valorizzare il prodotto, il contenuto; l’Home Staging invece ha come fine quello di vendere il “contenitore”, ovvero la casa. In realtà, questa distinzione tra contenuto e contenitore ormai non ha più ragione di esistere. Il negozio non è più il luogo dove “si va a comprare qualcosa”, ma dove si vive un’esperienza. E il tipo di esperienza che il consumatore vive determina i suoi eventuali acquisti. Per questo il Visual Merchandising non si riduce alla sola esposizione del prodotto, alla leggibilità dell’offerta e all’impatto della vetrina. Non è solo la componente visiva che viene sollecitata, ma tutta la sfera emotiva. Così, se il nostro consumatore entra in un negozio e ne trae una sensazione di benessere, allora sarà maggiormente predisposto all’acquisto. Allo stesso modo, l’Home Staging crea tramite gli allestimenti un ambiente piacevole, in cui il visitatore si sente talmente a suo agio da volerci vivere.
Di fatto, in entrambi i casi si tratta di reazioni all’ambiente, di suscitare una risposta emotiva
E’ in questo che ho immediatamente colto una profonda affinità tra le attività di Visual Merchandising e Home Staging, al di là delle regole di composizione scenografica, che rimangono sempre valide in entrambi gli ambiti.
Il mio lavoro è quello di creare un ambiente che favorisca l’acquisto, il ritorno, che si tratti di un capo di abbigliamento, una bottiglia di vino o una casa intera. Ogni mercato ha le sue dinamiche, è vero, ma la componente emotiva gioca un ruolo fondamentale nel processo di acquisto. Ed è su questa componente che l’attività di valorizzazione deve puntare.